L’UOMO DISINCANTATO – La parola amore.

Quando all’inizio non si volevamo che appena un po’ di bene la Lady aveva detto a Peter che a suo parere erano troppo fragili per stare insieme. Ma in realtà si sbagliava, perché era vero l’esatto contrario: erano invece ancora troppo forti e lontani per potersi amare. Allora, infatti, il massimo dell’amore riconosciuto e disponibile per loro, tra l’euforica e rudimentale irresponsabilità che li circondava e che li faceva suoi complici felici a dispetto di tutto, non era che il narcisismo delle parole – tra l’altro spesso degenerate in chiacchiere tanto ebbre quanto in fondo comuni – e del sesso abusato altrove, con altri, quale stanca e penosa trasgressione di se stesso. Amore, invece, è una parola così antica da poter essere pronunciata senz’ombra di disonestà solo considerandola morta; è una sorta di aborto linguistico, al limite forse terapeutico: è tutto e il contrario di tutto. Il senso dell’amore si capisce soltanto quando finalmente è tardi, dalla tenerezza defraudata del suo oggetto, che con violenza ci si trattiene accanto, a circoscrivere i contorni, che non saranno mai sfumati, del più onesto quanto vano pensare.
L’amore è la maledizione di una parola oltraggiata dalla sua stessa musica, un jingle buono per tutte le stagioni, uno spot pubblicitario per l’umanità mentita e raccontata da una sempre più cattiva letteratura.

(estratto dal secondo volume)

©Andrea Rossetti

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